La Bella Addormentata nel 2020

Mi chiamo Aurora.
Altri mi chiamano Rosa.
Del mio nome, in verità, non mi importa. I miei amici, grandi amanti di spiritosaggini, mi chiamano “la bella addormentata” perché sono una dormitrice da competizione.
Insomma, chiamatemi come volete. Il mio nome non è esattamente il cuore di questa storia. Credo di essere stata un po’ perseguitata dalla sfortuna, sapete. Ma forse è solo una mia impressione.
Fatto sta che in occasione del mio battesimo ben diciassette anni fa (da quel che mi hanno raccontato i miei genitori) si presentò, senza invito, una lontana parente di mio padre, una vecchia strega arcigna, vestita di nero, con una faccia diabolica. Certamente zitella.
La strega siccome era molto arrabbiata con mio padre per via di questioni legate a un’eredità non so bene di chi, si avvicinò di soppiatto alla culla nella quale giacevo per lanciarmi una specie di anatema. Così dicono.
Suppergiù disse che prima della festa per i miei diciotto anni secondo lei sarei caduta in un sonno profondo dal quale mi sarei svegliata soltanto non si sa bene grazie a chi o a che cosa.
Ebbene, sulla mia abilità sonnambula la vecchia strega ci ha preso in pieno perché sono capace di dormire per venti ore filate (una volta ho dormito per ben venticinque ore).
Ma a questo punto, ora che scrivo questa storia, credo che l’anatema fosse riferito a ben altro, che poi è il vero nocciolo di questa storia.
Un paio di anni fa i medici mi hanno diagnosticato una oscura patologia che mi ha prosciugato tutto a un tratto le energie e le speranze in un colpo solo.
Il giorno prima ero a scuola e il giorno dopo davanti alla porta del mio futuro, in attesa.
Ecco. Il fulcro di questa storia è l’attesa.
Perché da quel momento ho cominciato ad aspettare. Lentamente. Guardando fuori dalla finestra di un ospedale lontano da casa mia, in un posto dove la nebbia avvolge l’edificio come in una magistrale scena di Shining.
Mi sono messa a pensare alle principesse delle fiabe che aspettano per un sacco di tempo il bacio del principe azzurro.
A me non importa granché del principe azzurro.
Mi basta incontrare il mio “tipo giusto”.
Perché ecco, vedete, nel mio caso il principe azzurro si chiama “donatore”.
Che cosa vuol dire? Non avete mai visto in una storia un personaggio donatore?
Ebbene io, Aurora, Rosa, la bella addormentata, chiamatemi come vi pare, sono in attesa di una donazione.
Nello specifico, una donazione di cellule emopoietiche. Un trapianto di midollo osseo che è l’unico rimedio alla mia malattia.
Lo aspetto da ben 485 lunghissimi giorni. Ogni giorno si è riempito del verbo “aspettare” come un’ampolla con un taglio sul fondo, che non si riempie mai.
Non è per niente facile trovare un donatore compatibile.
Soltanto 1 una persona su 100 mila potrebbe salvarmi.
Se abitassi ad Ancora, o a Lecce o ad Arezzo, soltanto uno solo dei suoi abitanti avrebbe la probabilità di essere il mio “tipo giusto”.
Soltanto una persona, capite, su ben centomila anime.
Ed è propria lei che sto aspettando, seduta qui, sotto alla finestra. Non mi arrendo.
Certe volte piango. Penso a quella vecchia strega che m’aveva pronosticato una specie di bizzarro letargo, nel quale stranamente mi trovo adesso.
Mi chiedo se non ha già vinto lei.
La mia non è proprio un’attesa. È una pausa. Come quando abbassi il volume della musica perché tua mamma ti sta dicendo qualcosa e poi ti scordi di rialzarlo.
Qualcuno (non so chi) si è dimenticato di alzarmi il volume della vita.
Il mondo va avanti ma io no. Sono bloccata qui. Aspetto che da lontano, forse questo Natale, forse domani, qualcuno si presenti con un dono per me. L’unico dono che aspetto.
Dono. Vi siete mai chiesti che cosa significa “dono”, che cosa significa, davvero, “donare”?
È una cosa del tutto gratuita, che non si aspetta niente di niente in cambio, che si apre al di fuori delle nostre braccia, e che è sincero e immediato come un respiro.
Avete capito quanto è facile? Proprio per questo, per donare serve molto coraggio.
Soprattutto se si vuole donare qualcosa che non si compra al supermercato, o su eBay e su Amazon. Perché i doni che non necessitano di soldi, hanno bisogno di tempo e di sentimenti molto forti.
Ma io sono fiduciosa.
Esistono al mondo persone che fanno la differenza, persone che fanno gesti gratuiti, spontanei, onesti. Persone generose. Ne incontrerò presto una.
Che cosa mi fa sperare, qui sotto a questa finestra, anche questo Natale, che questo dono arrivi anche a me?
Semplice. Sono la bella addormentata.
Sto soltanto dormendo. È solo uno dei miei sonni più lunghi. A un certo punto finirà anche lui.
Chi di voi sta venendo a svegliarmi?

ADMO VENETO

Associazione Donatori di Midollo Osseo e cellule staminali emopoietiche del Veneto

Via Alessandro Guidi, 48
35125 Padova

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